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ARGOMENTI

Terremoto : ancora paura in Nepal

Tibet : ancora scontri e proteste

Giustizia : Blandini, "mai parlato di Dalema alla Forleo"

Ambiente :compromesso al Vertice sul clima di Cancoon

Bioetica : Io clono, tu cloni

Religioni : Sangue, sangue....

 

 Ancora paura in Nepal

Sono quasi un'ottantina le vittime della nuova scossa di terremoto di magnitudo 7.4 che martedì ha avuto come epicentro una zona a sudest dalla città di Zham (Cina), al confine con lo stato himalayano, il terremoto si è verificato alle 12:35 ora locale (le 9:05 in Italia), il centro più colpito dal sisma è stato il distretto di Sindhupalchok, a 66 km di distanza dalla capitale Kathmandu, l'area dove ci sono stati circa un terzo degli oltre 8.000 morti registrati finora dal precedente sisma di tre settimane fa. Per i soccorsi, l'esercito del Nepal ha mobilitato otto elicotteri militari, 200 soldati, oltre 40 barche sul fiume Tamakoshi. Gli elicotteri sono stati immediatamente inviati nell'area di Doloakha e Sindhupalchok dove sono crollati edifici che potrebbero aver sepolto persone. Le prime quattro vittime sono state registrate a Chautara, comune della zona amministrativa di Bagmati dove erano confluiti gli aiuti umanitari del precedente sisma del 25 aprile e era diventato luogo di raccolta di decine di operatori che da li si muovevano verso le zone più interne del Paese. "Per ora sappiamo che a Kathmandu sono crollati quattro edifici, tutti pericolanti. E che parecchie persone sono intorno all'ospedale, se feriti o in preda al panico ancora non lo sappiamo", ha detto Luca Guerneri di Terre des Hommes, da una settimana nella capitale nepalese per la messa a punto degli aiuti per la popolazione colpita dal sisma.  In strada il panico, la scossa ha aggiunto pressione ad una popolazione già stremata, i genitori sono scesi per le vie di Kathmandu con i bambini in braccio e diversi edifici che erano rimassti danneggianti dal sisma precedente sono crollati del tutto. Ospedali e cliniche sovraccarichi, le squadre di soccorso bloccate in aree lontane e gli abitanti traumatizzati, che dormono all'aperto. Lin Aung, un rappresentante del l'Organizzazione Mondiale della Sanità delle Nazioni Unite, ha detto che le squadre mediche stanno curando i feriti nelle tende per precauzione, "hanno paura, non vogliono stare dentro".

 

Nella capitale è stato chiuso l'aeroporto per due ore, per precauzione. Altre scosse tra magnitudo 5 e 6 hanno colpito in sequenza il Nepal, circa 10 minuti dopo il primo terremoto di 7,4. Le ha registrate il Centro sismologico mediterraneo europeo (Emsc). Tre forti scosse di terremoto si sono susseguite in 30 minuti. Il movimento sismico è cominciato alle 12:35 con una prima scossa di magnitudo 7.4, seguita da una seconda (5.6) alle 13:02, e infine una terza (6.0) alle 13:21 ore locali.  Alle vittime in Nepal si aggiungono almeno altre 12 in India e tre in Tibet.  Il terremoto è stato avvertito anche nella capitale indiana New Delhi e in quella del Bangladesh, Dacca. In India, fonti ufficiali riferiscono che nello Stato del Bihar, vicino al confine tra i due Paesi, un uomo è deceduto a causa del crollo della sua abitazione nel distretto di Siwan, circa 250 chilometri da Patna, la capitale dello Stato. Un'altra persona è morta e altre due sono rimaste ferite nello stato di Uttar Pradesh. Squadre di ricognizione aerea americani e nepalesi hanno ampliato le ricerche per l'elicottero dei Marines che ha perso il contatto durante una missione di aiuto in Himalaya. Sei marines americani e due soldati nepalesi. Avevano denunciato problemi con il carburante. (Luigi Votano, 13 maggio 2015)

 

Ancora scontri e proteste in Tibet

Proteste di profughi tibetani davanti all'ambasciata cinese a Kathmandu, in Nepal (Prakash Mathema/Afp)

Dharmasala - Il Dalai Lama aveva denunciato il genocidio culturale, ma adesso si contano a centinaia le vittime della repressione cinese in Tibet. E si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà. A l'Aja attaccata l'ambasciata cinese. Un migliaio di esuli tibetano si sono riuniti al monumento Jantar Mantar nel centro di Delhi per esprimere solidarietà alle proteste in patria, con una lettera indirizzata al segretario generale dell'Onu, Ban ki-Moon hanno chiesto di "fermare l'inumana oppressione dei tibetani in Tibet" e di discutere alle Nazioni unite delle dimostrazioni iniziate il 10 marzo a Lhasa e nelle altre regioni del Tibet, che hanno provocato la morte di centinaia di tibetani.

I cinesi parlano invece di 13 morti negli scontri di venerdì. Pechino, anche con dei video ha cercato di dimostrare che i manifestanti si accaniscono contro gente inerme per le strade e assalgono i negozi. Poi hanno chiuso anche il sito You Tube per impedire la divulgazione di video e foto della repressione.  Così il governo cinese denuncia decine di agenti della sicurezza feriti durante le proteste dei monaci. Il presidente della Regione Autonoma del Tibet Qiangba Puncog ha sostenuto che la polizia non ha fatto uso di armi da fuoco e che tutte le vittime sono state uccise dai ribelli, in una spietata caccia al cinese. Puncog ha affermato di essere "infuriato per la versione dei fatti diffusa dal Dalai Lama e dalla stampa occidentale, secondo la quale le forze di sicurezza cinesi hanno attaccato dei pacifici manifestanti". di Xiang Hao

Proteste di profughi tibetani davanti all'ambasciata cinese a Nuova Delhi, in India (Findlay Kember/Afp)

 

Blandini, "mai parlato alla Forleo di Dalema"

Milano - "Mai parlato di Dalema alla Forleo". Il procuratore generale di Milano, Mario Blandini, smentisce, davanti al Consiglio Superiore della Magistratura, le parole del gip e nega di avergli consigliato prudenza nell'inchiesta sulle scalate bancarie e sulle intercettazioni che chiamavano in causa il leader dei Ds. Il Csm ha ascoltato anche il presidente del Tribunale di Milano Lidia Pomodoro, il procuratore capo Manlio Minale, il capo dei gip Filippo Grisolia e altri magistrati milanesi. Ma la Forleo insiste, "mi tutelerò nelle sedi competenti; mi risulta che sui fatti da me denunciati stia indagando la procura di Brescia". Il Csm ha chiesto alla procura di Brescia gli altri atti compiuti nell'ambito della stessa indagine, a cominciare dall'audizione del procuratore generale di Milano Mario Blandini. La decisione di rivolgersi nuovamente al pm Fabio Salomone è stata presa dalla prima Commissione di Palazzo dei marescialli. Il Csm sembra intenzionato a trasferire la Forleo,  in base alla legge Carotti, e nelle scorse settimane ha approvato una delibera in cui ribadisce, richiamandosi anche a sue precedenti circolari, che per funzioni sensibili, come quelle di gip e gup, la permanenza ultradecennale non può essere assolutamente derogata. La Forleo, che è in quell'ufficio dal 1994, riterrebbe di non essere toccata dalla norma, perché i dieci anni a suo avviso si dovrebbero calcolare dal 2000, da quando cioè è stata approvata la legge che ha introdotto il tetto. Sono cinque i gip in questa condizione, la Forleo non sarà la prima ad andar via, visto che ci sono colleghi in servizio dal 1989. E se fosse l'ultima a dover passare la mano, ci potrebbero volere due o tre anni perché sia destinata ad altro incarico. di Giovanna Votano

Roma - Il gip Clementina Forleo nella sua audizione davanti alla prima commissione del Csm avrebbe escluso di aver subito pressioni sulle scalate bancarie da esponenti delle  istituzioni. Ma si sarebbe lamentata dell'isolamento in cui si sarebbe trovata quando la sua decisione sulla trascrizioni é stata criticata dai politici e, in particolare, del silenzio dell'associazione nazionale magistrati. La Forleo ha parlato anche delle telefonate mute, ricevute da lei e dai suoi genitori, prima che questi morissero in un incidente stradale. E si é lamentata dell'inerzia o comunque della lentezza delle indagini da parte di chi doveva indagare sulle minacce. da Roma, Tonino Sacripanti

 

 

Compromesso al Vertice sul clima di Cancoon

Cancoon - Si chiude con un compromesso il vertice sul clima, in Messico. Le due settimane della sedicesima conferenza internazionale sui cambiamenti climatici terminano con una intesa che rinvia al prossimo vertice la soluzione di tutte le questioni più spinose, ma fissa una serie di paletti e obiettivi a lungo termine sul clima. Tra gli accordi viene sottoscritta l'urgente necessità di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, per fare in modo che la temperatura globale non aumenti oltre due gradi. Inoltre, viene istituito un fondo "verde" di 100 miliardi di dollari all'anno dal 2020, destinato ad aiutare i paesi in via di sviluppo a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. I governi promettono ‘un'azione urgente’ per evitare che le temperature globali salgano più di due gradi Celsius. E si chiede agli scienziati di verificare se si dovrà abbassare l'obiettivo sulle temperature ad 1,5 gradi, accogliendo le preoccupazioni e gli accorati appelli delle piccole isole che temono di sparire per l'innalzamento degli Oceani. Nell'accordo vi è anche la creazione del Green Climate Fund dove dovranno confluire gli aiuti dei paesi ricchi a quelli poveri per fronteggiare le emergenze determinate dai cambiamenti climatici e adottare misure per prevenire il global warming. di Giuseppe Verbaro

Copenhagen - In una città blindata, il summit mondiale sul clima si è aperto con un video-choc che mostra una bambina travolta da una mareggiata nel deserto, “Please, save the world” dice alla fine la bimba e Ban Ki Moon, segretario generale dell’Onu, sembra farle eco, “Ora è il momento di agire” ha affermato prima di imbarcarsi per Copenhagen “non è più tempo di tergiversare o di fare delle accuse; ogni Paese deve apportare il suo contributo per concludere un accordo”. Ma le divergenze tra i 192 paesi partecipanti non mancano, sono state anzi messe in rilievo sin dal primo giorno: la diatriba più temuta dai negoziatori, che potrebbe far saltare l’accordo, è quella tra Cina e USA.  Gli Stati Uniti, che intanto giovedì 16, hanno annunciato lo stanziamento fino al 2020, di 100mln di dollari l’anno per aiutare i paesi poveri nello sviluppo di tecnologie ecosostenibili, hanno affermato che la bozza stilata dalla Cina insieme a Brasile, India e Sud Africa, è squilibrata e a vantaggio dei paesi emergenti. Il documento cinese, scritto in antitesi a quello redatto dalla Danimarca, pubblicato su Le Monde, propone il prolungamento del protocollo di Kyoto fino al 2020;ciò significherebbe un taglio di emissioni di CO2 del 40% rispetto al 1990. Gli USA che, a suo tempo, non hanno aderito al protocollo di Kyoto, propongono invece una diminuzione di emissioni del 17% entro il 2020, pari solo al 3% rispetto al 1990. Tuttavia le speranze di una svolta nell’atteggiamento statunitense sono nelle mani del presidente Obama, che giungerà nella capitale danese il 18 dicembre.  Dal canto suo, l’Europa ha definito insufficiente la proposta degli Stati Uniti e messo a disposizione 7,2 miliardi di euro per aiutare i paesi in via di sviluppo; l’Italia, nello specifico, tramite il ministro Prestigiacomo porterà avanti la formula 20-20-20: 20% di Co2 in meno entro il 2020. Segnali positivi arrivano anche dalla Russia, che si è impegnata a tagliare del 25% le emissioni. Il testo proposto dalla Danimarca invece, ha incontrato le proteste di molti paesi sottosviluppati che accusano i potenti di ignorare le aree del mondo in difficoltà. La bozza infatti, oltre a prevedere il dimezzamento delle emissioni globali del 50% entro il 2050 (rispetto al 1990) e stabilire nel 2020 il limite massimo per il picco di inquinamento, sembrerebbe volgere a favore dei paesi del Primo Mondo violando in questo modo lo spirito del protocollo di Kyoto ed attentando al progresso economico di vaste aree mondiali, già costrette a subire le conseguenze del comportamento scorretto, in materia d’inquinamento, dei paesi avanzati. Gli stati del G77, che raccoglie tutte le nazioni emergenti, infatti, lunedì 14, hanno abbandonato i lavori del summit per qualche ora, per protestare contro un accordo a loro dire iniquo, e per chiedere il prolungamento del protocollo di Kyoto. La protesta, che comunque ha segnato particolarmente il summit, per il uso significato profondo, è rientrata dopo poche ore.  Non si è placata invece la contestazione al di fuori del Bella Center, sede del summit: migliaia di manifestanti infatti, da giorni stanno organizzando iniziative per le strade di Copenhagen. I cortei, per lo più pacifici, incontrano però la ferma opposizione della polizia che, temendo disordini, hanno fermato,in questi giorni, oltre 1000 persone ed impedito ai dimostranti il completo svolgimento delle manifestazioni. Dunque, alla luce di quanto accade all’interno e all’esterno della struttura, un accordo per la risoluzione definitiva del problema del riscaldamento globale, sembra ancora lontano. Federica Olivo
 

New York - Stavolta la denuncia parte dal Pentagono. Entro il 2008, la Corrente del Golfo, il flusso di acqua calda proveniente dal Golfo del Messico si arresterà. Fino ad oggi, questa corrente ha evitato che il Nord America e l’Europa Occidentale e Settentrionale si ghiaccino. E’ stata una sorta di feedback, responsabile dei modelli climatici che definiscono e quattro stagioni che noi ben conosciamo. Purtroppo si è dimostrato insufficiente il Protocollo di Kioto, del 1997, in cui molti dei paesi industrializzati, che sono i massimi responsabili delle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra si sono impegnati a ridurre entro il 2010 le proprie emissioni del 5% rispetto ai livelli del 1990. Gli Stati Uniti si sono rifiutati di accettare questo Protocollo e anche la Russia, il cui contributo è determinante per consentire l’entrata in vigore del Protocollo, si sta mostrando restia a ratificarlo. È un problema reale, che ci coinvolge tutti. I nostri scienziati concordano sul fatto che il riscaldamento globale sarà causa di enormi cambiamenti e problemi nel mondo, ma secondo il loro ragionamento ci vorranno cinquanta o cento anni prima di doverci occupare dei suoi effetti. La loro idea è che il riscaldamento globale sarà lento ed il mondo troverà il tempo per scoprire la soluzione ai problemi. Nuove tesi però sono<molto più allarmistiche. Suggeriscono che questo scenario è semplicemente errato: la copertura nevosa è diminuita del 10% dal 1960 a oggi, si è avuto un ritiro generalizzato dei ghiacciai, e il livello dei mari, a causa dei ghiacci polari è cresciuto di 10-20 cm nel corso del XX secolo. Il riscaldamento globale, dovuto all’effetto serra; negli ultimi cento anni la temperatura terrestre è cresciuta di 0,6 gradi. Alla fine di questo secolo, l’aumento stimato cambierà da 1,4 a 5,8 gradi. È ormai accertato che la ragione del progressivo riscaldamento del pianeta risiede nell’opera dell’ uomo. Attraverso l’inserimento nell’aria di gas, come l’anidride carbonica, l’uomo ha aumentato l’effetto serra; un effetto già esistente. Un altro dei grossi errori umani è stato la deforestazione, che ha eliminato gran parte dei “polmoni naturali”, rappresentati da boschi e foreste che ricoprono il ruolo di captatori di CO2, e da riduttori dell’effetto serra, oltre che da stabilizzatori diretti delle temperature; in più la deforestazione danneggia i bacini idrici, essa fa aumentare i rischi di incendio e contribuisce all’innesco di mutamenti climatici. Mentre, per esempio, la distruzione di paludi costiere, dune e mangrovie, elimina gli “ammortizzatori naturali”, in grado di proteggere le coste dai tifoni marini. La gran parte dei gas serra la immettono gli USA, il 25%; in più l’attuale politica taglia gli investimenti per le fonti energetiche rinnovabili, alternative e fossili, del 27%; gli investimenti per progetti solari ed energia eolica al 49%. La politica statunitense è basata sul petrolio, che aumenterà le immissioni del paese di circa 35%. Lo stesso presidente Bush oltre a essere direttamente collegato al mondo del petrolio, è stato sostenuto nella sua campagna elettorale dal comparto petrolifero statunitense. Ma noi dobbiamo pensare anche a un futuro possibile. di Maria Cristina Schiavone

 

"Climate Day", il 16 febbraio per ricordare il protocollo di Kyoto

Roma - Sicurezza benessere e qualità della vita sono a rischio per i cambiamenti climatici del pianeta. Questo è quanto emerso nelle conclusioni della conferenza sul clima. Il Manifesto della Conferenza (“New deal per adattamento sostenibile e sicurezza ambientale”) è orientato a mettere in evidenza la necessità di “sviluppare politiche concrete di mitigazione dei cambiamenti climatici rispettando gli impegni assunti e lavorando nelle opportune sedi internazionali per più significative riduzioni dell’emissione di gas climalternanti, avviando contestualmente iniziative concrete a favore del risparmio, dell’efficienza energetica e dell’utilizzo di fonti rinnovabili sostenibili”. Uno dei documenti conclusivi ha proposto una serie di “buone azioni” : incentivi per il risparmio energetico e nuove normative per la bioedilizia. E ancora etichettatura idrica per una migliore gestione delle risorse d’acqua, azioni volontarie di risparmio, per sostenere l’agricoltura di qualità e biologica. Sembra interessante la messa in sicurezza delle coste con adeguate infrastrutture portuali, reti di trasporto e localizzazione mirata degli impianti di produzione di energia. Dovrebbero essere introdotte precise norme di sicurezza e attività di prevenzione per le zone a rischio idrogeologico. Ma il documento richiede una più oculata gestione delle risorse marine e la salvaguardia dell’ecosistema. E non basta, un invito anche ai turisti; si chiede che sia più rispettoso del patrimonio naturalistico e nuove strategie sanitarie in sintonia con i mutamenti climatici. Tutto ciò é possibile solo con un ampio coinvolgimento dei cittadini, ma anche con t un monitoraggio puntuale. E' stato proposto anche il “Climate Day” nel giorno della ratifica del protocollo di Kjoto (16 Febbraio). di Sebastiano Romeo

Roma - In un dossier Legambiente ha indicato: Bangkok, Giakarta, Lagos, Shanghai, Rio de Janeiro, Dacca, Karachi, Il Cairo, Città del Messico, Bombay, come le “10 Megalopoli a effetto serra”. Queste dieci città, ha sostenuto Legambiente arriveranno ad ospitare nel 2008 più della metà della popolazione mondiale. Dovranno dunque fare i conti con cicloni, tempeste, inondazioni e desertificazione causati dal surriscaldamento del pianeta. In Asia oltre il 75% delle persone vive lungo le coste e/o in prossimità dei grandi fiumi, sarà perciò continuamente a rischio inondazioni. Il livello del mare si sta alzando di 25 millimetri all’anno. Negli USA gli uragani diventeranno sempre più frequenti, già nel negli ultimi 35 anni sono aumentati da 10 all’anno a 18. Il rischio desertificazione minaccia in primo luogo l’Africa ma anche oltre 100 Paesi e 1 miliardo di persone. Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente ha detto “Le comunità più esposte sono proprio le più povere”. Ora spetta ai paesi ricchi e industrializzati fare qualcosa. di Chiara Filardi

 

Roma – Dieci anni dopo il primo grande incontro mondiale sui mutamenti climatici a Kyoto, dal 2 al 14 Dicembre si è svolto a Bali un nuovo meeting dove si sono incontrati 10000 rappresentanti di 190 paesi di tutto il mondo. Almeno l’inizio del summit è partito con la buona notizia che ai paesi che avevano firmato a Kyoto si è aggiunta anche l’Australia, lasciando gli Stati Uniti sempre più soli nel non voler firmare. Ma poco prima della chiusura del summit, gli Stati Uniti, rappresentati da Paula Doubransky, attaccati duramente da Sudafrica a Papa Nuova Guinea hanno firmato il trattato. Una decisione dovuta perché 700 città e 25 paesi americani avevano già accettato il trattato di Kyoto, C’è chi dice che il merito è stato il nuovo premio Nobel per la Pace Al-Gore, o i live - heart. Ma più probabilmente è stato decisivo il G 8 svoltosi in Germania a giugno, con al centro il problema dei gas serra, chiusosi con la promessa di un nuovo Kyoto. E ancora di più le pressioni del segretario generale Onu che a settembre ha messo come principale obbiettivo nella sua agenda il problema clima, di Gerardine Frammartino

 

 

Io clono, tu cloni

La bioetica, cos'è ? Sembra per molti una necessità, per altri una catena inutile. In effetti dovrebbe essere quella disciplina che si occupa dei problemi etici riguardo il diritto alla vita. E qui su questo confine sottile si trova di tutto : si deve sostituire il cuore a chi ce lo ha ammalato e sta per morire ? Ad un malato terminale si può dare l'estasi, la "morte dolce", ma pur sempre la morte ? Un uomo ha diritto ad essere un "individuo", cioè uno e indivisibile oppure si deve duplicare, clonare all'infinito ? E quest'ultimo è un atto di esebeia, come dicevano i greci, cioè di superbia o una necessità ? Prigogine, il chimico che ci ha chiarito che viviamo nel mondo della complessità, ha introdotto in modo inequivocabile nei nostri linguaggi l'idea di "soglia", quel confine che una volta attraversato trasforma l'umanità. Ma questa umanità che tutti i giorni corre, si affanna, piange e ride quali diritti ha ? Gli è stato accordato anche quello all'immortalità ? E in questa sorta di felicità infinita c'è la chiave della nostra esistenza ? La questione non è semplice, ma anche dalla Chiesa ci viene l'impulso a riflettere. Dunque a tutti questi interrogativi chi deve rispondere ? La nostra coscienza (etica), la nostra fede (religione), la nostra tecnologia (scienza) ? Le abbiamo create tutte noi, sono tutte nostre e tutti crediamo che la democrazia sia condividere tradizioni e scoperte. Ma c'è bisogno di percorsi concreti, come si fa a dire la scienziata francese che clonerà un bimbo fa bene o fa male ? E allo stesso modo, cosa farà una ragazza di quattordici anni adesso che ha scoperto di essere figlia di quello che credeva suo nonno ? La clonazione è una soglia in quanto problema dell'umanità, in quanto problema della nostra democrazia, ma rispondere non è veramente facile. di Kirk Letoan

 

 

 

 

Sangue, sangue...


“E’ stato un inferno, gente che gridava, donne che urlavano… e poi i feriti, sangue… sangue dappertutto”. E’ questo l’incubo che ha vissuto per una decina di ore, ieri sera, Anna una donna palestinese, ha il volto segnato, gli occhi ancora in lacrime, porta i segni di una guerra assurda, una guerra di religione che sembra non finire mai.
La tensione in Palestina è altissima, da quando la Pace si è avvicinata, gli estremisti, i falchi dei due popoli hanno accentuato la pressione sui loro leader, a costo del sacrificio di vite umane, bambini e donne innocenti, vittime dell’odio religioso.
Stavolta l’incidente, l’ennesimo, è stato provocato dal riconoscimento di quattro soldati israeliani in borghese, spie per i palestinesi, militari a riposo per gli israeliani.
Ma chi ha chiamato il popolo davanti al commissariato di polizia ? chi ha sobillato la folla e l’ha spinta all’odio ? chi ha consegnato i corpi dei soldati alla massa inferocita ? chi alimenta l’odio religioso ?
Barak non poteva non rispondere alla provocazione, ma allo stesso tempo a malincuore capisce che la Pace si sta allontanando. E Arafat, che non era nei suoi quartieri di Gaza, probabilmente era anche stato avvertito, come fa a non rilanciare la questione palestinese ?
Davanti a questo scempio di morte e sangue, le vittime hanno ancora oggi, come nel 1947 e in tutte le crisi mediorientali, il colore della pelle di Anna e dei suoi fratelli.
Quei grandi occhi nocciola, stesi su un tappeto di capelli bruni nel tramonto infuocato di Ramallah.
di Kirk Letoan

 

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